L’invidia è una confessione di inferiorità…diceva il grande Honoré de Balzac, in effetti è verissimo. Ma è anche una debolezza umana, in fin dei conti accettabile se non è accompagnata dalla cattiveria. Mia sorella, benedetta figliola, ha sempre avuto questo brutto difetto. Per lei tutti sono più fortunati, più ricchi, più belli e passa la vita a mangiarsi il fegato. Cerco di guardarla con occhi freddi: è molto carina se non avesse eternamente il muso lungo. Certo non è ricca: ma non le manca nulla del necessario. La Fortuna è cieca, si sa, e passa quando capita, spesso non passa per niente. Nello stesso tempo non le è mai successo nulla di brutto ed è già una cosa molto positiva.
Ora guardo me stessa: Sono decisamente brutta, evito di guardarmi allo specchio se nò si rompe dalla paura! Lavoro tanto e guadagno poco ma mi ritengo fortunata. Quante sono le persone che il lavoro non lo trovano? Troppe, quindi niente lagne!
Facendo un bilancio fra noi due, cara sorellina, credo che la vera inferiore sia tu e pensare che in tanti ti invidiano mentre guardando me…sotto sotto pensano: “ Poverina, è così brutta, chi vuoi che se la sposi? “
Abbi cura di te, della tua vita serena e lascia perdere l’invidia, tanto: la vita è una ruota che gira come la ruolette… non sai mai che numero e colore ti tocca !
Butto un’occhiata fuori dalla finestra… sei arrivata a prendermi con la tua auto lustra e bella. La mia è in stato preagonico ma stringe i denti e tira avanti. Allora ogni tanto approfitto di te.
Salita in macchina la prima cosa che mi dici: “ Lo sai? Chiara si è fidanzata con quel riccone di Fabio…che fortuna sfacciata ! Ti guardo, sorrido e penso:
“ Non cambierai MAI !”

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Non mi manchi

“Non mi manca quello che mostravi di essere, mi manca quello che pensavo tu fossi ”. All’inizio quelle tue piccole vanità, quel desiderio di essere sempre apprezzato le consideravo quasi un pregio. Ma si sa l’Amore tutto perdona, dimentica e mi sentivo felice. Il tempo poi svela tante cose, inizialmente non ci fai caso o fai finta di non vedere. Quando accadde che la malattia mi ha ghermito e non ero più bella, paziente, sempre serena come volevi tu. Si è così palesato: il tuo vero io: la più grande delusione della mia vita nel momento in cui avevo più bisogno di te. Pensavo di avere accanto
un’uomo capace di sostenermi, di darmi un bacio al momento giusto, di farmi sentire la sua forza che sarebbe diventata la mia ancora di salvezza. Invece mi sono trovata vicino un egoista, inconcludente nelle attenzioni anzi capace solo di trovare scuse, impegni inderogabili pur di uscire.
Non avevo la forza di affrontare due problemi così grossi. Ho deciso che potevo benissimo fare a meno di te: non eri quello che credevo tu fossi e ti ho lasciato.
Mi sono occupata solo di rimettermi in salute. Sono tornata quella di prima, anzi meglio ma con un’esperienza in più… mai fermarsi a ciò che appare ma andare subito al nocciolo di un carattere. Mi manchi? No, mi manca quello che avresti dovuto essere.

@ Orofiorentino

Incipit: “Non mi manca quello che mostravi di essere, mi manca quello che pensavo tu fossi ” di Alda Merini

Io volevo te

Continuo a camminare in modo circolare intorno a questa aiuola, sembra un moto perpetuo a cui non riesco a rinunciare. Nella testa solo un pensiero: “io volevo te…”. Mi hai sconvolto il mondo con quelle parole dette in modo così serio, e sicuro: ” Non posso più far parte della tua vita”. Un segreto? No, lo sapevano tutti tranne me. Mi vuoi lasciare per prendere i voti. La tua strada è verso Dio: non più verso di me. Non posso combattere ma solo lasciarti andare. Tutto sembra senza pace e continuo a girare.

@ orofiorentino

Prendendo spunto da: ” Chiudevo gli occhi per vedere te” Canzone di Giusy Ferrero

Foto Pinterest

Tutto è difficile

E’ un po di giorni che penso di farla finita. Sono stanca, di una stanchezza abissale che non molla neanche un attimo. Anni ed anni passati a risolvere problemi. Una sequenza senza sosta. La depressione mi mangia, le cure fanno ma poco. E’ la vita ch’è sbagliata.
L’ansia mi divora, se dormo ho solo incubi e mi alzo ancora più stanca. Ho solo bisogno di pace. Un prato verde, un cielo azzurro lontano chissà dove ma è pura utopia. Se lo trovassi pioverebbe a dirotto, l’erba sarebbe già affogata.
Allora devo cercare come eliminare me stessa.
Mi butto dalla finestra? …no soffro di vertigini, non riuscirei a salire sul davanzale.
Lascio aperto il gas ? … no mi da fastidio il puzzo
Un’intera scatola di barbiturici? Figurati, nervosa come sono si addormentano loro !
Mi butto sotto il treno ?…No…farei perdere un sacco di tempo a troppa gente
Mi lancio dal viadotto ?…per farmi dispetto crolla prima che ci arrivi
Ok, ho capito…lasciamo perdere, se anche questo è un problema così difficile: continuo a vivere.

@ Orofiorentino

Eleganza Trussardi

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Logo Trussardi

Trussardi è una casa di moda italiana, fondata nel 1911. Nata come laboratorio per la produzione di guanti in pelle, amplia la sua linea di pelletteria negli anni settanta, quando Nicola Trussardi alla guida dell’azienda che negli anni ottanta lancia la sua prima collezione prêtàporter, insieme ad altri prodotti, quali profumi e una linea di jeans d’alta moda. Gli anni novanta sono il decennio che consacra Trussardi come marca internazionale, con i principali mercati situati in Italia e Giappone.

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I figli di Nicola Trussardi e altri membri della famiglia hanno spesso prestato la propria immagine per campagne pubblicitarie, sia in tv che sulla carta stampata. Gaia Trussardi, per esempio, è stata diretta da Gabriele  Salvadores nello spot del profumo femminile My Name e Tomaso Trussardi (attuale marito della showgirl Michelle Hunziker) da Wim Wenders in quello per il profumo maschile My Land. Nel 2014 il fotografo William Wegman ha realizzato una campagna fotografica per Trussardi, ritraendo il levriero, simbolo del brand, che veste i capi e gli accessori dell’ultima collezione.

Alta Moda davvero affascinante. fandangodg

MADY IN ITALY: Ovviamente Orofiorentino

 

Buon compleanno nonna

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L’antica villa immersa nel verde era proprietà della famiglia da generazioni. Arredamento signorile ma austero. Dava sempre un senso di freddezza entrandoci. I quadri degli antenati, sembravano scrutare il modo in cui gli invitati si comportavano. Loredana amava questa casa ma la temeva e dover passare le vacanze là dentro la metteva un poco in ansia. L’unico posto in cui stava bene era la spiaggia sottostante, piena di ragazzini del paese che si divertivano come matti. Un giorno le venne un’idea per festeggiare la nonna ormai novantenne. Fece tutto di nascosto con l’aiuto della servitù. I giorni precedenti la festa tutti avevano un sorriso spigliato, quasi birichino.
La sera fatidica, nel grande salone non si poteva entrare. Loredana stava ben attenta che la nonna fosse impegnata in altre cose. Quando gli invitati furono arrivati tutti, fatti gli auguri alla nonna, bevuto l’aperitivo fu ora di andare a tavola. Loredana prese sotto braccio la nonna e avviandosi verso la porta chiusa disse: “ Nonna il mio regalo per te è un po’ particolare ma ti conosco e so che ti piacerà tanto “. Si aprì l’elegante porta e novanta palloncini colorati svolazzarono per la stanza fino a raggiungere il soffitto.
La nonna restò a bocca aperta, le persone si portavano le mani al viso con occhi gioiosamente stupiti. La nonna rise e il suo viso sembrò tornar giovane e felice, allungò un braccio a prese con la mano delicata il filo di un palloncino bianco, se lo portò al viso e lo baciò.
“ Loredana: sapevi che il nonno mi chiese di sposarlo proprio regalandomi un palloncino bianco? Questo lo dono a te perchè ti porti l’amore che ho avuto io!”
Qualche lacrima e un grande applauso si unì al profumo dei fiori.

@ Orofiorentino

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Il cavolo e la cicogna

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C’era una volta un piccolo paesino di campagna. Piccolino ma molto grazioso. Tutti gli abitanti lavoravano la terra. Da poco si erano sposati due giovani e, pur essendo poveri, avevano sistemato la loro casetta con molta attenzione e cura. Desideravano tanto un bambino e si misero ad aspettare.
Tutti sanno che i bambini nascono sotto i cavoli. Così, un giorno, il cavolo più bello del campo sentì: che il desiderio degli sposini si stava avverando. Percepì qualcosa muoversi sotto una delle sue foglie…stava crescendo il pargoletto. Il cavolo, tutto orgoglioso, se ne prese subito cura proteggendolo da tutto amorevolmente.
Passa il tempo che ci vuole e il bimbo è quasi pronto per essere dato ai genitori. Il cavolo era molto preoccupato, non sapeva come fare. Era la prima volta che gli era stato dato un compito così importante ed era proprio inesperto. Aveva le lacrime sulle foglie e tanta voglia di piangere a dirotto: “ Come faccio ? Proprio non lo so “. In quel momento arrivò una bella cicogna bianca. Non piangere: adesso ci penso io. Avvolse il frugoletto in un grosso tovagliolo rosa e lo prese nel becco. Spiccò il volo e si diresse in tutta fretta verso la casa degli sposini. La mamma aspettava con ansia e quando vide arrivare la cicogna si commosse. Posato il fagottino nella culla la cicogna voleva andare via ma la nuova mamma l’abbracciò e baciò felice come non mai. Fece giurare alla cicogna che sarebbe tornata e la lasciò volar via. In lontananza, dal campo dei cavoli si alzò un grande applauso

@ Orofiorentino

Favola per bambini

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Criticare

proverbi marocchini: ” Il cammello non vede la sua gobba. Vede solo quella del suo vicino.”

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Il cammello Shakram si stava riposando dopo un lungo cammino sotto la canicola del deserto. Con lui c’erano altri cammelli accucciati per riprendere le forze. Shakram li osservava e si accorse di quanti difetti avevano. Uno un poco spelacchiato, l’altro antipatico e cafone e così via. Shakram invece si sentiva speciale. Chiaccherando con il suo amico, accovacciato vicino a lui, gli disse quello che pensava degli altri della carovana. Kamel lo lasciò parlare ma poi sbottò :” Ma perché prima di criticare gli altri non guardi la tua di gobba? Chi credi di essere? Siamo amici da anni e anni ma sai quante volte ti ho sopportato? Dai falla finita, riposati…tra poco dobbiamo ripartire e chissà perché: quando ci dobbiamo alzare sei sempre tu il primo a brontolare!”.

@ Orofiorentino

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Il peso delle corna

Oggi pomeriggio sono libera dal lavoro, un sospiro di sollievo. la giornata è uggiosa ma vale la pena uscire. Chiamo Lilly, la mia cagnolina, prendo l’ombrello se mai dovesse piovere. Andiamo a fare una passeggiata nel parco. I colori sono belli anche senza sole.
Cammino con calma, Lilly annusa tutto divertendosi. In lontananza vedo due persone: un lui e una lei vicinissimi. Talmente vicini che si scambiano un bacio, anzi molti baci. Lilly parte a razzo verso quei due. Intanto io mi sono accorta che il Lui: saresti tu ! Mio marito ! Sgrano gli occhi come nei cartoni animati. Il mondo mi fa cilecca sotto i piedi. il cane ti ha raggiunto e tu ti sei staccato da lei, guardandoti intorno mi hai visto. Sembriamo due baccalà !
Arrivo vicina, ti saluto e tu imbarazzatissimo mi presenti la tua segretaria ( speri che non vi abbia visto mentre vi baciavate? ). La guardo dalla testa ai piedi e dentro di me devo ammettere che ha veramente molto charme. Le allungo la mano per il saluto e con un sorriso le dico ” Lieta, fa sempre piacere conoscere l’amante del proprio marito, così direttamente: senza male lingue di mezzo !”.
Sembriamo immobilizzati in una bolla d’aria. Finalmente ritrovo la voce…guardando mio marito gli dico ” Paolo, ricordati, stasera abbiamo la cena con il tuo capo ufficio e la direzione tecnica. Viene anche la signorina? Mi raccomando dividiti equamente tra me e lei: non facciamo figuracce ! Dimenticavo: viene anche l’amante del tuo capo? Così possono fare amicizia, buona idea no?”.
Mi giro per tornare a casa, sento solo i miei passi schiacciare le foglie e l’abbaiare di Lilly che mi raggiunge. Almeno lei non mi ha tradito! Mi sento la testa pesante e vuota. Credo che la pesantezza sia quella delle corna!!!

@ Orofiorentino

prendendo spunto dalle parole proposte…charme, occhi, bacio, passeggiata, ombrello

Immagine di Dodi Ballada

Fare a botte

E’ difficile ricordare il mio primo amico. Abitavo a Torino in un antico e bel palazzo del 700 con un grande cortile. In quel palazzo eravamo tre bambini: due maschietti e io, unica femminuccia. Ci lasciavano giocare nel cortile. A quei tempi non esistevano pericoli come al giorno d’oggi, poi c’era la portinaia che controllava. Non mi hanno mandato all’asilo quindi potevo giocare solo con quei bimbi: Enrico e Daniele di due anni più grandi ( 5 loro, 3 io ). Ci divertivamo, i giochi erano così semplici che al giorno d’oggi farebbero schifo a un neonato. Ma le nostre risate facevano rallegrare le mamme che, ogni tanto, guardavano cosa si combinava.
Ricordo un giorno che Enrico e Daniele hanno cominciato a picchiarsi come matti, urlavano. Io non avevo capito e mi sono spaventata. Arriva di corsa la portinaia a dividere i due ragazzini. Arrabbiatissima, gli chiede :” per cosa litigate? Non ci si prende a botte vergogna! ”
Enrico, mogio mogio racconta il fatto: ” Daniele ha detto che vuole sposare Giovanna ma io gli ho detto che prima la sposo io ma non mi vuole dare retta così abbiamo litigato “.
Mi sono sentita una principessa: si picchiavano per me !
Arrivate anche le madri hanno sentenziato che era presto decidere.
Tutto qui: ma per anni siamo rimasti amici, crescendo sono passati i bollori ma la gioventù nostra è stata proprio bella.

Storia vera di Orofiorentino

Categoria racconto: il mio primo amico/a

Foto da…hotelwindsormilan.com